MICRO-ARTICOLI IN FIBRA #10 | Oltre il simbolo, oltre le convenzioni

4 agosto 2021

Qualcosa era cambiato nella sala controllo del comando britannico a Bletchley Park. La gigantesca macchina Bomba sembrava fosse riuscita a decifrare i codici dei sommergibili tedeschi nel Baltico.

Il codice tedesco cambiava ogni giorno e la macchina di Turing non riusciva a decriptare i messaggi in 24 ore. Poi, qualcuno del gruppo, forse Jannison, azzardò l’ipotesi che ogni messaggio doveva per forza finire con qualcosa come Heil Hitler, e incominciare con qualcosa come ‘comando’ e ‘ordini’ e una data. E le permutazioni vennero ridotte di un milionesimo. E la macchina decifrò i messaggi. E la battaglia d’Inghilterra fu vinta.

Joan Clarke amò Alan Turing oltre ogni aspettativa, e dopo la guerra, quando il matematico venne sottoposto a castrazione chimica, lei gli regalò un anello, al cui interno era inciso in codice Morse:

L’alfabeto Morse rappresenta la prima forma di comunicazione a distanza, dopo i segnali di fumo e i corvi, dell’era moderna. Il codice è costituito da cinque segni che possono essere permutati a costituire parole e frasi. 

L’anello M-ALPHABET nasce dall’esigenza di una semantica in grado di trasmettere oltre le convenzioni.

Concetti quali ‘famiglia’, ‘matrimonio’, ‘appartenenza’ o ‘promessa’ vengono di solito raffigurati nella gioielleria tradizionale attraverso una simbologia di immediata lettura. Una fede d’oro rappresenta un matrimonio, uno stemma rappresenta un casato, un diamante può rappresentare solida concretezza, un anello con simboli una loggia; questi simboli rimandano convenzionalmente al concetto. 

M-ALPHABET usa un linguaggio al di fuori delle convenzioni, che di per sé non rimanda e non appartiene ad alcun genere, maschile o femminile o di appartenenza specifica. Dunque non si tratta della raffigurazione simbolica, ma della conoscenza di un codice a cui solo i portatori di un certo evento possono accedere. 

L’anello M-ALPHABET non desta l’attenzione, non si mostra. Nel codice l’elemento non è il simbolo ma il segreto. Il codice steganografico di Tritemio veniva usato nel Rinascimento per inviare messaggi legati a simboli magici, mentre l’alfabeto Morse venne usato per comunicare a grandi distanze, trasmissioni che spesso decisero le sorti di una guerra. 

M-ALPHABET è un messaggio discreto, non riconoscibile e non simbolico, che non partecipa ad alcun genere di appartenenza e convenzione, il cui senso è solo quello di tenere in vita il legame unico che lo costituisce. 

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA | pillole in fibra di logos | #10  Manuela Gandini  – Racconto Luigi Amato Kunst

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA #9 | L’anello medioevale di Valeria

26 giugno 2021

Landolfo entrò nella chiesa della santa sapientia, Hagia Sophia che Isidoro aveva ricostruito. Il fresco rincuorava l’anima e ridava le forze. Vide l’ebreo appoggiato alla colonna sudante. Parlava arabo, greco, aramaico, latino. Trasse l’anello da una piccola fibula. Era pesante, di una lega di oro quasi rosa, con incisioni bizantine di un uomo ed una donna alternate. “Vi ho lasciato il castone vuoto come avete chiesto. Una pietra lo abbellirà ma il suo valore resta integro” disse in greco. A Bisanzio gli affari importanti si facevano al buio. Landolfo consegnò due solidi d’oro da 40 nummi. Gli emissari lo aspettavano ai piedi della statua equestre di Giustiniano. Superata la cinta di Settimio Severo giunse al porto dove la nave Theseus, un dromone a due alberi, aspettava il maestrale. Nel corno d’oro c’erano distese di navi che abbagliavano ad oriente e occidente. Salparono per Creta dove poi Dyrrachium e Brindisi. Lì prese un imbarco per Roma. Dopo un mese di viaggio giunsero ad Ostia e risalirono il Tevere. 

Agilulfo, duca di Torino, voleva l’anello, di fattura bizantina, con l’oro di Tracia e con incastonata una grande pietra romana, un quarzo ialino di buon auspicio, per rendere omaggio a Teodolinda, appena vedova di Autari. Milano sarebbe diventata la nuova capitale del regno al posto di Pavia. 

Landolfo ricevette la pietra dal principe di Anguillara, che aveva un palazzo di fronte all’isola Tiberina, poi si riposò due giorni e decise per la strada consolare; prima la via Appia, dove in un ostello alla taverna Cedicea comprò un carro, una comoda reda, e percorse 200 miglia in due giorni. Arrivato a Milano, andò alla piazza della Curia Ducis da un artigiano raccomandato per la sua arte di incastonare. Si diceva che avesse lavorato alla corona ferrea. La bottega era un lurido vestibolo; tutto era stracci e miseria a Milano. Ma il vecchio, Rodolfo Aucis si chiamava, lavorò bene ed in due giorni il grande anello bizantino con il quarzo tagliato era finito. Il vecchio accettò un tremisse bizantino, che valeva la terza parte di un solido. Le monete a Milano se le facevano i ricchi.

Era il novembre del 590 e l’anello di Agilulfo era pronto.

Una zia aveva regalato alla mia amica Valeria un quarzo fumè. Una pietra di grandi dimensioni, di forma rettangolare, intagliata a mano. Valeria voleva farne un anello. L’idea di questa grande pietra, il modo in cui mi è stata data, mi ha fatto pensare ad una reinterpretazione dei gioielli nell’alto medioevo.

La società alto-medioevale riutilizzava infatti le pietre di origine romana, come da alcuni ritrovamenti riferiti a sepolture longobarde di rango elevato. Una tradizione, quella di adornare con pietre gli anelli, nata in oriente, a Bisanzio e poi impiegata dalle popolazioni barbariche del IV secolo, come gli Unni, storicamente molto legati alla mia terra, a Milano, ai luoghi dove creo.  L’idea del riutilizzo delle pietre, come il quarzo, l’ametista, l’onice, doveva appunto fondarsi sull’incastonare, ma in modo nuovo, secondo un principio che lasciasse la pietra visibile ma senza “griffare”, come avviene ad esempio nei solitari. Questo perché l’anello medioevale aveva una struttura che non fungeva da semplice supporto alla pietra, ma la avvolgeva diventando un tutt’uno con essa. 

Il mio progetto per l’anello di Valeria voleva rifarsi a tutto questo. 

L’incastonatura veniva superata con una sorta di binario nel quale la pietra potesse essere inserita e eventualmente sostituita senza apportare modifiche al progetto. La struttura in metallo era importante, armonicamente proporzionata alla pietra la cui forma era lasciata libera e al tempo stesso si fondeva con essa.

La sintesi era uno “statement ring” che ricordava sia il senso delle popolazioni Nordiche del riutilizzo delle antiche pietre romane, sia l’autorevolezza della struttura degli anelli Bizantini.

Era il marzo del 2005 e l’anello BINARIO di Valeria era pronto.

Da allora l’anello BINARIO è diventato parte della Collezione Permanente Manuganda. Dal 2013 viaggia per il mondo con la mostra “THE NEW ITALIAN DESIGN” organizzata da Triennale Design Museum.

Dal 2021 viene realizzato anche nella versione solo in metallo: la “pietra” viene fusa in bronzo, argento o oro e inserita nella struttura per una ulteriore rivisitazione contemporanea dell’anello medioevale.

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA | pillole in fibra di logos | #9   –  Manuela Gandini  – Racconto Luigi Amato Kunst

MANUGANDA BINARIO anello ring

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA #8 | Strutture Anarchiche

16 maggio 2021

Se guardiamo in modo ingenuo e non come accade all’essere umano pratico che dirige il suo sguardo nella direzione definita dei suoi disegni ed invece osserviamo senza essere costretti da nulla, penetriamo allora un mondo che ci si offre spazialmente, non limitato dall’orizzonte del campo visivo.

L’anarchia cerca lo spazio puro di cui non si può dire nulla. Questo spazio puro è il presupposto di tutte le considerazioni geometriche, ma non è una cosa, e non ha una forma, e non ha colore o qualità sensibili, ma è il medium indifferente in cui esistono tutte le cose. Lo spazio puro in sé irradia verso infiniti punti, non ha regole perché le regole appartengono alle figure, ai rapporti geometrici e alla materia. La regola è l’esattezza dell’assioma, che si riferisce alla figura e alla materia che la riempie, ma non è lo spazio puro.

Gli elementi di STRUTTURE ANARCHICHE si dirigono in questo spazio, oltre i limiti matematici dei rapporti geometrici, un vuoto nel quale non sono possibili ulteriori figure.

La geometria è stata sin dall’antichità il modello ideale dell’esattezza. È riuscita a mettere a sistema tutte le forme spaziali possibili a priori e tutti i rapporti esistenti tra loro, in modo che dagli assiomi geometrici si possa trarre, tramite deduzioni logiche, tutto quel che si deve esprimere su un determinato oggetto. Gli assiomi però sono fissi e il presupposto su cui si fondano è posto una volta per tutte.

Ma cosa ne è dello spazio puro? Che relazione sussiste tra l’esattezza dei rapporti geometrici ed il medium senza forma che definiamo spazio?

Il mio lavoro è espresso da una tensione tra lo stare dentro forme determinate e tendere verso l’indeterminato.

Da bambina sentivo di poter diventare qualsiasi cosa. Potevo realmente esprimermi ed essere me stessa. Avevo cinque anni, un’età in cui non siamo determinati dalla vita. Poi, negli anni successivi la vita ha posto le sue negazioni facendomi perdere quel luminoso senso di onnipotenza che è rimasto come rimembranza scollegata da ogni contesto di un ricordo.

STRUTTURE ANARCHICHE sono un momento in cui i pezzi di materia non hanno ancora conosciuto il loro limite.

Sono l’infanzia ancora indeterminata di un oggetto.

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA | pillole in fibra di logos | #8   –  Manuela Gandini