La collezione TWIST nella Sala FUTURO del MUSEO DEL GIOIELLO di VICENZA

4ta Edizione Permanente 2021 / 2030 – curata da Alba Cappellieri

27 settembre 2021

Dopo mesi di chiusura per la pandemia il 24 settembre il museo del Gioiello di Vicenza ha riaperto le porte della Basilica Palladiana per ospitare la 4ta edizione permanente, questa volta completamente dedicata al Gioiello Italiano, raccontato attraverso un percorso che copre 9 sale tematiche. E’ stato un momento speciale che ha testimoniato la voglia di rinascita dopo questi 2 anni difficili.

Ecco perché è un’emozione particolare, oltre che un onore, partecipare a questa edizione con la collezione TWIST in titanio che è esposta nella sala Futuro del Museo del Gioiello fino al 2030.

Come sarà il gioiello nel futuro?

La selezione della sala FUTURO presenta gioielli provenienti da contesti differenti e che sfidano i recinti disciplinari tradizionali. Questo si lega allo spirito rinnovato di una rivalutazione del lavoro progettuale e della ricerca sperimentale nel settore del gioiello italiano. Le collezioni MANUGANDA sono tutte accomunate dall’intento di scardinare il gioiello dalla veste di elemento preminentemente decorativo e dal suo valore materiale: ciascun pezzo vuole essere, piuttosto, il punto di arrivo di una precisa ricerca formale e tecnica, l’esito di un attento studio di materiali, anche non convenzionali, e di modalità di interazione tra progettazione digitale, prototipazione rapida e lavorazione manuale, nel rispetto dei principi di indossabilità, riproducibilità, qualità e innovazione.

La preziosità della collezione TWIST risiede nella sua forma innovativa, aperta, infinita, dalla duplice funzione – anello e ear-cuff – che ne esalta l’adattabilità corporea. Dal mondo delle idee a quello della materia che diventa forma che è possibile toccare, vedere, sentire: TWIST vive nel contemporaneo e si rivolge al futuro. I due gioielli TWIST A e TWIST B in mostra al Museo posseggono inoltre un “passaporto digitale” che è accessibile ai visitatori attraverso la lettura di un QRCODE con il cellulare. 

Come due facce della stessa medaglia, il gioiello fisico coesiste accanto al suo “gemello digitale”: se il primo rappresenta la longevità strutturale, stilistica ed affettiva, la finalità del secondo risiede nel custodire, preservare un patrimonio di informazioni che andrebbero altrimenti perdute nel “marasma” di oggetti che abitano il presente. Il gioiello vede il suo valore affettivo accrescere e mutare generazione dopo generazione, un tramandarsi prezioso, di mano in mano. La persistenza di un tempo futuro accoglie il titanio e ne esalta il suo valore, la natura indistruttibile che lo contraddistingue, il suo eterno esistere.

TWIST utilizza il suo “gemello digitale” per tramandare il trascorso che di lui è già stato scritto e che, da oggi, ancora sarà scritto. Il Passaporto Digitale garantisce una permanenza nel tempo: lascia che il gioiello viva nel futuro anche attraverso ciò che ha rappresentato nel passato, tutelando ciascuna informazione inerente la tracciabilità della progettazione, dei processi di lavorazione, delle persone che ne hanno plasmato la forma e di quelle che l’hanno posseduto e indossato.

Così come la sua forma unita alla proprietà “anticorrosiva” del titanio favoriscono il gioiello TWIST di una permanenza futura atemporanea, il Passaporto Digitale apre le porte verso un sistema innovativo di custodia dei dati in cui materia e digitale convivono in simbiosi attraverso il tempo.

MUSEO GOIELLO VICENZA TWIST

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA #10 | Oltre il simbolo, oltre le convenzioni

4 agosto 2021

Qualcosa era cambiato nella sala controllo del comando britannico a Bletchley Park. La gigantesca macchina Bomba sembrava fosse riuscita a decifrare i codici dei sommergibili tedeschi nel Baltico.

Il codice tedesco cambiava ogni giorno e la macchina di Turing non riusciva a decriptare i messaggi in 24 ore. Poi, qualcuno del gruppo, forse Jannison, azzardò l’ipotesi che ogni messaggio doveva per forza finire con qualcosa come Heil Hitler, e incominciare con qualcosa come ‘comando’ e ‘ordini’ e una data. E le permutazioni vennero ridotte di un milionesimo. E la macchina decifrò i messaggi. E la battaglia d’Inghilterra fu vinta.

Joan Clarke amò Alan Turing oltre ogni aspettativa, e dopo la guerra, quando il matematico venne sottoposto a castrazione chimica, lei gli regalò un anello, al cui interno era inciso in codice Morse:

L’alfabeto Morse rappresenta la prima forma di comunicazione a distanza, dopo i segnali di fumo e i corvi, dell’era moderna. Il codice è costituito da cinque segni che possono essere permutati a costituire parole e frasi. 

L’anello M-ALPHABET nasce dall’esigenza di una semantica in grado di trasmettere oltre le convenzioni.

Concetti quali ‘famiglia’, ‘matrimonio’, ‘appartenenza’ o ‘promessa’ vengono di solito raffigurati nella gioielleria tradizionale attraverso una simbologia di immediata lettura. Una fede d’oro rappresenta un matrimonio, uno stemma rappresenta un casato, un diamante può rappresentare solida concretezza, un anello con simboli una loggia; questi simboli rimandano convenzionalmente al concetto. 

M-ALPHABET usa un linguaggio al di fuori delle convenzioni, che di per sé non rimanda e non appartiene ad alcun genere, maschile o femminile o di appartenenza specifica. Dunque non si tratta della raffigurazione simbolica, ma della conoscenza di un codice a cui solo i portatori di un certo evento possono accedere. 

L’anello M-ALPHABET non desta l’attenzione, non si mostra. Nel codice l’elemento non è il simbolo ma il segreto. Il codice steganografico di Tritemio veniva usato nel Rinascimento per inviare messaggi legati a simboli magici, mentre l’alfabeto Morse venne usato per comunicare a grandi distanze, trasmissioni che spesso decisero le sorti di una guerra. 

M-ALPHABET è un messaggio discreto, non riconoscibile e non simbolico, che non partecipa ad alcun genere di appartenenza e convenzione, il cui senso è solo quello di tenere in vita il legame unico che lo costituisce. 

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA | pillole in fibra di logos | #10  Manuela Gandini  – Racconto Luigi Amato Kunst

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA #9 | L’anello medioevale di Valeria

26 giugno 2021

Landolfo entrò nella chiesa della santa sapientia, Hagia Sophia che Isidoro aveva ricostruito. Il fresco rincuorava l’anima e ridava le forze. Vide l’ebreo appoggiato alla colonna sudante. Parlava arabo, greco, aramaico, latino. Trasse l’anello da una piccola fibula. Era pesante, di una lega di oro quasi rosa, con incisioni bizantine di un uomo ed una donna alternate. “Vi ho lasciato il castone vuoto come avete chiesto. Una pietra lo abbellirà ma il suo valore resta integro” disse in greco. A Bisanzio gli affari importanti si facevano al buio. Landolfo consegnò due solidi d’oro da 40 nummi. Gli emissari lo aspettavano ai piedi della statua equestre di Giustiniano. Superata la cinta di Settimio Severo giunse al porto dove la nave Theseus, un dromone a due alberi, aspettava il maestrale. Nel corno d’oro c’erano distese di navi che abbagliavano ad oriente e occidente. Salparono per Creta dove poi Dyrrachium e Brindisi. Lì prese un imbarco per Roma. Dopo un mese di viaggio giunsero ad Ostia e risalirono il Tevere. 

Agilulfo, duca di Torino, voleva l’anello, di fattura bizantina, con l’oro di Tracia e con incastonata una grande pietra romana, un quarzo ialino di buon auspicio, per rendere omaggio a Teodolinda, appena vedova di Autari. Milano sarebbe diventata la nuova capitale del regno al posto di Pavia. 

Landolfo ricevette la pietra dal principe di Anguillara, che aveva un palazzo di fronte all’isola Tiberina, poi si riposò due giorni e decise per la strada consolare; prima la via Appia, dove in un ostello alla taverna Cedicea comprò un carro, una comoda reda, e percorse 200 miglia in due giorni. Arrivato a Milano, andò alla piazza della Curia Ducis da un artigiano raccomandato per la sua arte di incastonare. Si diceva che avesse lavorato alla corona ferrea. La bottega era un lurido vestibolo; tutto era stracci e miseria a Milano. Ma il vecchio, Rodolfo Aucis si chiamava, lavorò bene ed in due giorni il grande anello bizantino con il quarzo tagliato era finito. Il vecchio accettò un tremisse bizantino, che valeva la terza parte di un solido. Le monete a Milano se le facevano i ricchi.

Era il novembre del 590 e l’anello di Agilulfo era pronto.

Una zia aveva regalato alla mia amica Valeria un quarzo fumè. Una pietra di grandi dimensioni, di forma rettangolare, intagliata a mano. Valeria voleva farne un anello. L’idea di questa grande pietra, il modo in cui mi è stata data, mi ha fatto pensare ad una reinterpretazione dei gioielli nell’alto medioevo.

La società alto-medioevale riutilizzava infatti le pietre di origine romana, come da alcuni ritrovamenti riferiti a sepolture longobarde di rango elevato. Una tradizione, quella di adornare con pietre gli anelli, nata in oriente, a Bisanzio e poi impiegata dalle popolazioni barbariche del IV secolo, come gli Unni, storicamente molto legati alla mia terra, a Milano, ai luoghi dove creo.  L’idea del riutilizzo delle pietre, come il quarzo, l’ametista, l’onice, doveva appunto fondarsi sull’incastonare, ma in modo nuovo, secondo un principio che lasciasse la pietra visibile ma senza “griffare”, come avviene ad esempio nei solitari. Questo perché l’anello medioevale aveva una struttura che non fungeva da semplice supporto alla pietra, ma la avvolgeva diventando un tutt’uno con essa. 

Il mio progetto per l’anello di Valeria voleva rifarsi a tutto questo. 

L’incastonatura veniva superata con una sorta di binario nel quale la pietra potesse essere inserita e eventualmente sostituita senza apportare modifiche al progetto. La struttura in metallo era importante, armonicamente proporzionata alla pietra la cui forma era lasciata libera e al tempo stesso si fondeva con essa.

La sintesi era uno “statement ring” che ricordava sia il senso delle popolazioni Nordiche del riutilizzo delle antiche pietre romane, sia l’autorevolezza della struttura degli anelli Bizantini.

Era il marzo del 2005 e l’anello BINARIO di Valeria era pronto.

Da allora l’anello BINARIO è diventato parte della Collezione Permanente Manuganda. Dal 2013 viaggia per il mondo con la mostra “THE NEW ITALIAN DESIGN” organizzata da Triennale Design Museum.

Dal 2021 viene realizzato anche nella versione solo in metallo: la “pietra” viene fusa in bronzo, argento o oro e inserita nella struttura per una ulteriore rivisitazione contemporanea dell’anello medioevale.

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA | pillole in fibra di logos | #9   –  Manuela Gandini  – Racconto Luigi Amato Kunst

MANUGANDA BINARIO anello ring

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA #8 | Strutture Anarchiche

16 maggio 2021

Se guardiamo in modo ingenuo e non come accade all’essere umano pratico che dirige il suo sguardo nella direzione definita dei suoi disegni ed invece osserviamo senza essere costretti da nulla, penetriamo allora un mondo che ci si offre spazialmente, non limitato dall’orizzonte del campo visivo.

L’anarchia cerca lo spazio puro di cui non si può dire nulla. Questo spazio puro è il presupposto di tutte le considerazioni geometriche, ma non è una cosa, e non ha una forma, e non ha colore o qualità sensibili, ma è il medium indifferente in cui esistono tutte le cose. Lo spazio puro in sé irradia verso infiniti punti, non ha regole perché le regole appartengono alle figure, ai rapporti geometrici e alla materia. La regola è l’esattezza dell’assioma, che si riferisce alla figura e alla materia che la riempie, ma non è lo spazio puro.

Gli elementi di STRUTTURE ANARCHICHE si dirigono in questo spazio, oltre i limiti matematici dei rapporti geometrici, un vuoto nel quale non sono possibili ulteriori figure.

La geometria è stata sin dall’antichità il modello ideale dell’esattezza. È riuscita a mettere a sistema tutte le forme spaziali possibili a priori e tutti i rapporti esistenti tra loro, in modo che dagli assiomi geometrici si possa trarre, tramite deduzioni logiche, tutto quel che si deve esprimere su un determinato oggetto. Gli assiomi però sono fissi e il presupposto su cui si fondano è posto una volta per tutte.

Ma cosa ne è dello spazio puro? Che relazione sussiste tra l’esattezza dei rapporti geometrici ed il medium senza forma che definiamo spazio?

Il mio lavoro è espresso da una tensione tra lo stare dentro forme determinate e tendere verso l’indeterminato.

Da bambina sentivo di poter diventare qualsiasi cosa. Potevo realmente esprimermi ed essere me stessa. Avevo cinque anni, un’età in cui non siamo determinati dalla vita. Poi, negli anni successivi la vita ha posto le sue negazioni facendomi perdere quel luminoso senso di onnipotenza che è rimasto come rimembranza scollegata da ogni contesto di un ricordo.

STRUTTURE ANARCHICHE sono un momento in cui i pezzi di materia non hanno ancora conosciuto il loro limite.

Sono l’infanzia ancora indeterminata di un oggetto.

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA | pillole in fibra di logos | #8   –  Manuela Gandini 

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA #7 | Linea, superficie, forma, spessore

8 febbraio 2021

Tutto incomincia con una linea,

su cui si adagia una superficie,

a cui si dà una forma ed infine uno spessore.

Nella cosmologia Platone immaginò il Demiurgo, l’intelligenza che per amore progetta l’Universo plasmando la materia informe (chora), caotica, senza dimensione, una pura possibilità, un’onda fluttuante che non è soggetta alla necessità (ananke) del divenire e della forma. 

L’intelligenza creatrice (nous) vede (idein) le forme ideali e cattura la materia indeterminata all’interno di geometrie pure, secondo rapporti matematici.

TWIST nasce così, da un segno, una successione di punti senza dimensione, poi la superficie si adagia sulla linea e ne segue il movimento secondo rapporti ideali in cui l’estensione diviene caratteristica corporea ed infine lo spessore, la terza dimensione: questa è la forma, l’idea pura, quella che secondo Platone sta nell’Iperurano.

L’idea informa la materia sensibile – argento, oro, titanio – a creare l’oggetto del mondo reale: unico, soggetto a mutamento, corruttibile, finito.

TWIST è geometria in movimento, sospeso tra potenza ed atto, tra materia prima e forma sostanziale.

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA | pillole in fibra di logos | #7  –  Manuela Gandini 

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA #6 | Mancare il bersaglio

21 novembre 2020

C’è un racconto di Henry James, La tigre nella giungla, che parla del mancare la vita. Due persone profondamente innamorate, si frequentano per anni senza dichiararsi mai. Alla fine, quando capiscono, è troppo tardi.

Quanti di noi mancano la vita o mancano il bersaglio perché non comunicano. Quanti di noi mancano la vita o si lanciano nelle imprese con un silenzio ostinato, che non dice, che non si confronta, che non comprende.

L’idea che il mercato sia un campo di battaglia, una lotta incessante tra lucenti armature e prede sonnacchiose, tra nobili casate e plebaglia, tra lucenti vetrine e passanti distratti, è un’idea che non funziona più.

Lo schema progettuale del web marketing ha esasperato la distanza tra vetrina e anonimo acquirente. Consueti sconosciuti. Ma più questo divario si allarga, questo iato si espande, questa voragine si amplia, più qualsiasi cosa realizzo si trasforma in prodotto commerciale, oggetto tra gli oggetti, cosa tra le cose. E scopro che non era questa la mia idea.

Occorre condividere un linguaggio. La mancanza di cultura comune è la voragine buia nella quale il corpo nudo cade, cercando di afferrare un oggetto che non comprende, che sta sulla sponda opposta.

Quanti di noi oggi comprano oggetti di cui non comprendono il linguaggio.
Acquistare senza un linguaggio comune è semplicemente riempirsi la casa di un altro oggetto.
Acquistare per acquistare.
Riempire il carrello di un ecommerce e illudersi di dopamina.

Non si tratta allora di produrre un oggetto e comprare un prodotto, ma di scambiarsi un pezzo di mondo.
Il mondo non è un deposito da cui attingere, né un container da riempire.
Il mondo è la nostra terra. 

Questo si chiama coltivare la terra.

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA | pillole in fibra di logos | #6

Manuela Gandini – consulenza narrativa Luigi Amato Kunst – Philoactiva.org

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA #5 | La coerenza dell’acqua

18 ottobre 2020

Nei miei progetti cerco la sapienza dei materiali e le invisibili leggi a cui le forme devono obbedire.
CASA è un anello che nasce dalla perla come simbolo attorno al quale tutto si dispone in modo coerente.

L’acqua è coerente perché si adatta ed avvolge, non ha coscienza della forma ma intuizione meccanica.
In questo anello il metallo circonda la perla come l’acqua avvolge una pietra in un invisibile disegno di relazione molecolare che non ha nulla di razionale.

Dice Giovanni nell’Apocalisse che le dodici porte di Gerusalemme sono fatte da dodici perle, disposte sulle quattro virtù cardinali: prudenza, fortezza, giustizia e temperanza.

La perla è il silenzio prima del nome, la riservatezza, la profondità, come il fuoco prima del focolare, la luce prima della ragione.

Senza la perla la casa si riduce a nude pareti e spazi vuoti.

CASA è un anello costituito da una perla attorno alla quale la materia si dispone con la stessa coerenza dell’acqua.

Non c’è intelligenza in questo, solo sintonia.

 

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA | pillole in fibra di logos | #5

Manuela Gandini – consulenza narrativa Luigi Amato Kunst – Philoactiva.org

MANUGANDA anelli CASA rings

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA #4 | La congiunzione pieno-vuoto

8 settembre 2020

Manuela Gandini in collaborazione con Luigi Amato Kunst – Philoactiva.org

L’anello TUBE è Il primo oggetto che ho realizzato.
Ho modellato la cera per ottenere un anello che fosse l’unità più semplice della congiunzione pieno-vuoto.
L’ambivalenza della materia: pieno-vuoto, denso-rarefatto, tangibile–intangibile, visibile-invisibile.

“Il primo amore non si scorda mai.” 
TUBE è un amore senza fine perché racconta il mio progetto che non è solo lavorazione di materiali e forme, ma espressione di polarità.

Tutto questo è potere alchemico.
Gli alchimisti furono i più fini conoscitori della materia poiché in essa vedevano la connessione di ogni cosa con il principio del suo opposto. La più potente manifestazione del lavoro alchemico furono i simboli (sym-ballein: unire).

Scriveva Jung nel ‘Mysterium coniunctionis’: 
”In generale gli alchimisti si sono sforzati di ottenere (sul piano simbolico) un’unione totale degli opposti (…).
Essi provavano l’esigenza di produrre la sostanza nella quale tutti gli opposti si trovano riuniti. Questa sostanza doveva essere al tempo stesso spirituale e materiale, animata e inanimata, maschile e femminile, vecchia e giovane.”

La pietra filosofale degli alchimisti era una coniunctio tra Materia (pietra) e Spirito (filosofale).

TUBE è sostanza materiale che contiene e porta con sé il suo principio ultimo, la vacuità e la sua inesistenza, perché il vuoto è ciò a cui ogni sostanza materiale tende, in quanto processo, e non semplice oggetto.

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA | pillole in fibra di logos | #4

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA #3 | Canzoni d’amore

9 luglio 2020

Manuela Gandini in collaborazione con Luigi Amato Kunst – Philoactiva.org

24mila baci 1961 Adriano Celentano
Senza fine 1961 Gino Paoli
Cuore matto 1967 Little Tony

Tre canzoni degli anni 60 per raccontare l’amore. L’amore giocoso, fatto di baci frenetici a tempo di rock, l’amore romantico che vive in un attimo infinito, l’amore ferito che fa impazzire il cuore.

È facile progettare l’amore commerciale. Pietre e metalli preziosi che alludono al denaro, forme consuete che evocano la fedeltà. Queste figure sono la simbologia ordinaria dell’amore e delle sue regole sociali. Rappresentano l’amore senza corpo, trascendente, immutabile, un’astrazione metafisica. In questo linguaggio il corpo è disconnesso dall’idea.

I miei anelli parlano invece dell’amore terreno, della materia che cerca la materia, della finitezza e della sua caducità, della mutevolezza, degli attimi, del corpo che cerca l’immanenza e della natura umana dell’amore che è indefinibile molteplicità di desiderio.

Le mie forme non sono stigmatizzate, banalizzate, definite, connesse all’astrazione, ma sono aperte, ambivalenti mai compiute, come le passioni irrazionali che muovono le scelte umane.

 

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA | pillole in fibra di logos | #3

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA #2 | Le risonanze

8 giugno 2020

Manuela Gandini in collaborazione con Luigi Amato Kunst – Philoactiva.org

Nella ricerca del prezioso ho guardato alle essenze che “risuonano”. Il Cremonese di Stradivari, il Cannone di Paganini di Guarneri, il Collins di Amati. L’acero dei Balcani per il dorso, per le fasce l’abete rosso della Val di Fiemme, l’abete bianco per l’anima. L’ebano per i tiranti.

Stradivari si recava nella Val di Fiemme per cercare le forme delle meraviglie. Io ho cercato un ebanista per cogliere la potenza espressiva della povertà e della sobrietà.

Il mio Diamantkvartier di Anversa l’ho trovato a Milano, in un minuscolo laboratorio stipato di essenze da tutto il mondo.

Per sentire il legno occorre togliere ogni pensiero olfattivo fuorviante, annusando del caffè. Poi, si apre il barattolo con i trucioli dell’essenza. È come meditare. In successione cerco di entrare in contatto con il palissandro indiano, l’ulivo italiano, il pau-rosa, la robinia, il bubinga africano, lo scotano, la palma del cocco, l’ebano macassar, il loura-faja del Brasile.

Con il legno non c’è una relazione olfattiva o visiva, ma di osmosi e assorbimento.

Il taglio di un frammento non riflette il bagliore, ma rimanda la terra, l’acqua, la luce. Il legno è povero come luogo comune, ma è prezioso perché implica la natura vivente.

La specie e le sue caratteristiche definiscono il progetto, l’accuratezza del taglio rivela le venature, la forma determina il colore. E’ una sapienza condivisa.

Un gioiello di legno assorbirà nel tempo i nostri umori e risuonerà dell’impercettibile vibrazione della natura.
Legandoci agli elementi della vita ci connette al mondo intero.

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA | pillole in fibra di logos | #2

RIFLESSIONI SUL CONTEMPORANEO: Luxury vs Elegance

15 maggio 2020

Manuela Gandini in collaborazione con Luigi Amato KunstphiloActiva.org 

 

Dopo la lunga pausa di questi mesi di quarantena, purtroppo non riaprirà al pubblico la mostra “STILE MILANO: Storie di eleganza” alla quale ho partecipato con le spille MOONagination e gli anelli SOLID. 
La mostra – che ha avuto luogo a Palazzo Morando a Milano dal 21 gennaio 2020 – ha tracciato un percorso nell’alta artigianalità dell’abito e del gioiello ‘Made in Milano’ dagli anni ’50 ai giorni nostri.
Nascono da qui alcune riflessioni. 
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Luxury vs Elegance

 

Alla mostra “STILE MILANO” ho potuto ammirare i lavori realizzati da grandi gioiellieri e maison Milanesi quali Buccellati, Calderoni, Faraone, pezzi unici di rara fattura.

Tuttavia, se guardo con sincera ammirazione questi gioielli unici non posso fare a meno di riflettere sulla distanza che sempre più separa questi oggetti preziosi dal movimento della miapost-modernità. 

Inevitabilmente, ritorno ad interrogarmi. Che cosa è lusso e che cosa è eleganza? Difficile, in un mondo in cui sussistono solo classi di reddito. 

Nel 1978 Bruno Munari scriveva:

Se l’autore del gioiello non ha cultura, produrrà sempre un oggetto a prezzo altissimo, impiegherà tutte le materie più preziose, poiché il suo pubblico è ovviamente un pubblico senza cultura, per cui può capire solo il prezzo ma non il valore

Tuttavia, dal 1978 molte cose sono cambiate. 

L’uomo ha da sempre trasposto la preziosità nella materia degli oggetti. Per cui, tutto ciò che poteva sembrare lucente, trasparente, puro, difficile da trovare, diventava materia preziosa. 

Ma tutto è prezioso in natura, e nessuno può stabilire che qualcosa è prezioso semplicemente per convenzione. L’acqua è il bene più prezioso che abbiamo ed è contaminata in molte aeree del pianeta. Gli alberi e le foreste, che danno ossigeno al pianeta, stanno scomparendo a ritmi vertiginosi. 

Dimenticarsi di questo, e perdersi in un oggetto materiale, è una rimozione culturale non più sostenibile.

Adesso la natura ci informa che la nozione di prezioso sta nelle armonie e negli ecosistemi che davamo per scontati, e la ricerca consiste nell’andare oltre l’oggetto fatto di materia preziosa, per trovare la preziosità, e l’incorruttibilità che non giace più nelle cose, ma nell’idea. 

Se un gioiello è qualcosa di prezioso, e se prezioso è qualcosa di incorruttibile, durevole, inscalfibile, inattaccabile, lucente, trasparente, limpido, puro, non contaminato, difficile a trovarsi, che può essere tramandato, allora tutto questo, oggi, si chiama integrità.

La materia prima per creare cose preziose è l’integrità. 

Integrità culturale, integrità ambientale, integrità morale. Il senso del mondo che va oltre il globo tecnologico, può essere salvato solo se consideriamo la natura preziosa nella sua interezza e non divisa per comparti merceologici, compresa la stessa natura umana che non può essere sfruttata. 

È una materia dell’animo quella che cerco, che si muove dalla natura alla coscienza. 

Munari opponeva la cultura progettuale alle convenzionalità delle materie preziose e delle loro lavorazioni. Io oppongo l’integrità dell’animo a qualsiasi forma di produzione, compresa quindi la progettazione ed il design.

L’eleganza è un agire il cui fine è nell’agire stesso, il lusso è un agire il cui fine giace fuori dall’agire. 

Allora un oggetto che sorregge ostentazione, opulenza, potere economico, perde ogni integrità, e si riduce ad esteriorità insensata. 

Credo che il termine ‘esclusivo’, sia stato inventato dal mercato e dall’economia, per creare un ponte artificiale, un falso simbolo, che pretende di unire lusso ad eleganza, per cui ‘esclusivo’ non è qualcosa ‘per chi ha l’eleganza dell’animo’ ma soltanto ‘per pochi che dispongono di molto denaro’. Così lusso ed eleganza diventano concetti disgiunti.

L’integrità è un principio alchemico di trasmutazione. Lavora sul concetto di immutabile. L’idea che il Bello sia immutabile è un’idea Platonica. Non si tratta di un oggetto bello, ma del Bello in sé. L’industria e la produzione economica hanno trasferito l’immutabile nel bene durevole, e da questo hanno estratto il bello industriale. Ma è solo marketing. 

Gli uomini hanno da sempre cercato nei gioielli dei simboli che si opponessero all’incessante divenire del mondo sensibile. 

Oggi l’esperienza della verità è l’esperienza del mutevole. Ed il Bello in sé non può essere più cercato in un oggetto materiale. La materia che cerco sta nella pura potenzialità (entelechia), che non è il nulla, ma è qualcosa: la possibilità di diventare. E questa è la cultura. Cogliere i mutamenti, le tensioni, i riferimenti di significato a cui le cose rimandano. 

L’integrità è non tradire mai questo principio.

Per me ogni persona è un brand. E la materia è il mondo.

L’arte è linguaggio, la cui grammatica nascosta ne esprime il senso. È da molto tempo che l’arte ci sta dicendo qualcosa. Che dell’eleganza se n’è appropriato il mercato con le sue regole piene di luoghi comuni, e la bellezza è decisa dai mercanti. 

Il gioiello è attraversato da un senso di caducità e non più di eternità. Un gioiello non è per sempre, non lo è mai stato, deve incontrare il suo opposto, i suoi limiti il suo valore razionale e la sua banalità, il suo essere superfluo, la sua forma superata da altre forme, ma soprattutto il suo rimando simbolico, per cui o diventa un simbolo complesso di una molteplicità di rimandi, o resta un oggetto insensato.Si dissolve.

Un gioiello non può più essere qualcosa di prezioso se è disgiunto dai valori che simboleggia. E non può essere elegante se non è pura ed integra la sua materia prima. 

Che non è materia, appunto.

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA #1 | E’ come quando smetti di pedalare

20 marzo 2020

E’ come quando smetti di pedalare

È come quando smetti di pedalare, pian piano la velocità diminuisce e poi ti fermi. La bici è finita in garage. Milano è isolata. La mia casa, il mio studio, sono improvvisamente passati da spazio abitativo a microcosmo.
Il tempo è sospeso. C’è il presente, incerto, drammatico, a volte surreale.Mai come in questo momento è emersa l’anima contrapposta dei miei 2 lavori. Dal mio ospedale, a Bergamo, arrivano notizie da bollettino di guerra nel cuore del contagio.
In studio è tutto fermo. Volate via le agende con le loro pianificazioni, si è creato nuovo spazio per il mondo interiore, per leggere libri comprati e mai letti, per lunghe telefonate, per il pensiero creativo.C’è bisogno di luce e buon senso. Qualcosa di semplice, su cui sia difficile speculare. Come il pane fresco al mattino.
Qualcuno ha detto che le polmoniti corrispondono ad una sorta di contrappasso della natura. Abbiamo tolto l’ossigeno al pianeta, e la natura si riprende la sua aria dai nostri respiri.
Qualcun altro che la nostra società è ormai ridotta a mera sopravvivenza. Gli Italiani sono disposti a sacrificare tutto pur di non perdere la “nuda vita”.
Non mi servono pareri autorevoli. E’ semplice matematica.
Metto a posto i libri. Faccio pulizia in laboratorio. L’attesa.
Penso che dobbiamo evitare un’attesa da trincea. Ma dobbiamo in qualche modo mollare la presa. Lasciare che le cose accadano. Non attaccarci a pezzi di legno o detriti che ci trascinerebbero via.
E dare una mano, in modo concreto, se possibile. Semplicemente. Senza protagonismi, senza drammi.
Come il pane fresco al mattino. Da quì possiamo ripartire.E fuori, intanto, l’aria si è fatta pulita ed è arrivata la primavera.

#andràtuttobene

MICRO-ARTICOLI IN FIBRA | pillole in fibra di logos | #1

GLI ORECCHINI BULLONI AL MUSEO DEL GIOIELLO DI VICENZA

13 dicembre 2018

Un gioiello non è mai solo l’esito di un’idea ma il risultato di un percorso lungo e spesso intricato.

È l’ennesimo tentativo, l’incaponimento dopo una sfilza di errori, una suggestione appuntata, un prototipo lasciato da parte per anni e poi ripreso come un discorso in sospeso, è uno sviluppo in tre dimensioni che si materializza come per incanto nella mente, è un gesto o solo una parola.

“Siamo parte di tutto ciò che abbiamo trovato sulla nostra strada” scriveva un poeta inglese. Lo credo anch’io. In questo senso i miei gioielli sono i testimoni di un viaggio e a volte sono il viaggio stesso. Rappresentano un racconto che diventa vostro ogni volta che scegliete un mio pezzo o meglio, un pezzo di me.

Ecco perché è un’emozione particolare, oltre che un onore, che gli orecchini BULLONI siano stati selezionati da Alba Cappellieri, direttore del Museo del Gioiello di Vicenza, per essere inseriti nella collezione permanente della Sala Design di uno dei soli cinque musei al mondo dedicati al gioiello, uno spazio di 420 metri quadrati ospitato all’interno della suggestiva Basilica Palladiana.

Questo va oltre il puro riconoscimento personale perché si lega allo spirito rinnovato di una rivalutazione del lavoro progettuale e della ricerca sperimentale nel settore del gioiello italiano, spesso confinato nel perimetro delle arti decorative o asservito tanto al design industriale quanto all’architettura; oppure, ancora, incluso nell’ambito dell’artigianato orafo, che seppure altissimo rimane a volte vincolato alla lavorazione dei preziosi.

Le linee MANUGANDA sono tutte accomunate dall’intento di scardinare il gioiello dalla veste di elemento preminentemente decorativo e dal suo valore materiale: ciascun pezzo vuole essere, piuttosto, il punto di arrivo di una precisa ricerca formale e tecnica, l’esito di un attento studio di materiali, anche non convenzionali, e di modalità di interazione tra progettazione digitale, prototipazione rapida e lavorazione manuale, nel rispetto dei principi di indossabilità, riproducibilità, qualità e innovazione. È qui che risiede la preziosità.

Gli orecchini BULLONI esprimono in pieno il mio percorso di ricerca e progettazione attraverso la traslazione estetica di un elemento comunemente associato alla minuteria industriale e la valorizzazione di un materiale alternativo come il titanio le cui caratteristiche di resistenza, leggerezza e luminosità aderiscono perfettamente all’idea progettuale e in essa vengono esaltate.

Il risultato è un oggetto durevole, in serie limitata, stilisticamente sofisticato, confezionato su misura come in una sorta di “sartoria del gioiello” in chiave contemporanea.

VIDEO:  Alba Cappellieri, direttrice del Museo del Gioiello, racconta la 3za edizione della SALA DESIGN

LET’S CHRISTMAS PARTY!

5 dicembre 2018

Facciamo che per una sera torniamo bambini a guardare le cose dal basso fino a sollevarci sulle punte dei piedi, a bocca aperta,

facciamo che ci emozioniamo osservando le luci che colorano, leggere, la sera,

che la bagarre delle feste sì ma senza dimenticare chi siamo,

facciamo che corriamo sotto un albero e lì ci ritroviamo, con qualcosa in meno e qualcosa in più, le spalle strette in su, i visi affondati nella lana, le dita innevate di zucchero che profumano di panettone, il calore di una casa,

facciamo che comunque ne ridiamo con un calice pieno in mano e mettiamo da parte per qualche ora quello che ci aspettavamo dall’anno sul finire,

facciamo che viviamo qui e adesso e va bene lo stesso,

facciamo che per questo Natale, ancora una volta, ricominciamo,

che non è mai tardi per recuperare,

che è sempre troppo presto per lasciare una festa a cui si vuole già tornare.

 

 

 

ABOUT YESTERDAY NIGHT | NEW MANUGANDA STUDIO OPENING PARTY

5 ottobre 2018

Ieri è stata una serata a dir poco magnifica.

Grazie di cuore agli amici, ai colleghi, ai collaboratori, a tutti i presenti che hanno trovato il modo di dedicarmi una parte della loro giornata. Non è così scontato fare dono del proprio tempo. Ecco perché il momento speciale che abbiamo condiviso è soprattutto merito vostro.

È stato emozionante vedervi curiosare tra le ultime collezioni e raccogliere le vostre impressioni sul nuovo studio: in tanti lo avete definito “accogliente”. Ne sono molto felice perché vorrei che questo spazio potesse diventare un rifugio simbolico non solo per me ma anche per voi, un luogo che non si limiti ad ospitare la mia attività e i miei gioielli bensì un crocevia di opinioni e influenze, un posto in cui scambiare sinergie umane prima ancora che professionali, un angolo in cui trovare ispirazione nel confronto tra persone e, perché no, una parentesi alternativa allo stile di vita convulso, asettico e meccanico in cui spesso, nostro malgrado, la città ci trascina.

La piena realizzazione del mio progetto, insomma, non può e non vuole prescindere da voi, motivo per il quale il mio studio sarà sempre anche un po’ il vostro.
Vi aspetto davanti a un tè o a un buon bicchiere di vino.

NEW MANUGANDA STUDIO OPENING PARTY

4 ottobre 2018

Ci sono luoghi che non aspettano di essere scelti perché sono loro a scegliere te.

Ti colgono a volte di sorpresa quando hai quasi smesso di cercarli, intercettano un angolo preciso dell’anima, quello rimasto libero a lungo, vuoto, come da arredare in attesa di un momento giusto, di un profumo specifico, di una luce particolare.

Non è semplice riconoscerli, devi cambiare sguardo e vedere oltre, continuare a sognare mantenendo i piedi per terra con passione e coraggio.

A me è accaduto nel silenzio di un cortile all’ombra delle betulle.

Sono state necessarie dosi abbondanti di pazienza per farsi spazio tra strati di intonaco da recuperare e mura da demolire ma dopo una lunga e faticosa ristrutturazione il posto a cui ero destinata ad appartenere si è finalmente rivelato ai miei occhi così come lo desideravo: un rifugio creativo in un quartiere multietnico e popolare, dove poter assaporare il gusto della lentezza, recuperare l’autenticità del tempo dedicato a me stessa e a chi amo e la capacità di planare sulle cose scoprendo prospettive inedite.

È l’inizio di un nuovo capitolo della mia storia in cui vita e creatività procedono di pari passo e si intrecciano nella promessa di nuovi progetti personali e professionali.

BRILLIANT EXHIBITION CATALOG XXI TRIENNALE INTERNAZIONALE

XXI TRIENNALE INTERNATIONAL EXHIBITION | “BRILLIANT”  exhibition catalog / catalogo della mostra | CORRAINI |pag 98| April/Aprile 2016

 

XXI TRIENNALE | “NEW CRAFT” exhibition catalog | April/Aprile 2016

XXI TRIENNALE INTERNATIONAL EXHIBITION | “NEW CRAFT”  exhibition catalog / catalogo della mostra | MARSILIO |pag 100| April/Aprile 2016

SKIN Museo del gioiello Vicenza

Interfaccia tra oggetto e ambiente ma anche tra individuo e oggetto. La superficie è il luogo in cui si raccontano matericità, stile, tecnologie e valori del gioiello contemporaneo. Questo libro mostra il lavoro di settantasei progettisti, tra maestri dell’arte orafa, giovani designer e artigiani internazionali.  Ciascuno ha trattato il tema della superficie attraverso le tecniche artigianali e digitali, le metamorfosi materiche, formali e cromatiche, il contatto visivo e tattile, la duplicità di significato e la relazione tra pelle, corpo e abito. Una ricerca di superficie, non superficiale.

The interface between object and environment but also between individual and object. The surface is the place where the material qualities, style, technologies and values of the contemporary jewel are told of.

This book shows work by seventy-six designers, including masters of the art of goldsmithery, young designers and international craftsmen. They have tackled the theme of the surface through hand-crafting and digital techniques, material, formal and chromatic metamorphoses, visual and tactile contact, duplicity of meaning and the relationship between skin, body and dress. A surface research, not a superficial one.

 

“SKIN” exhibition catalog | catalogo mostra | pag 34-35 | January/Gennaio 2016

“SKIN:  The surface of the jewel – La superficie del gioiello” exhibition catalog / catalogo della mostra – Museo del Gioiello VICENZA | MARSILIO | pag 34-35 | January/Gennaio 2016

“Interfaccia tra oggetto e ambiente ma anche tra individuo e oggetto, la superficie è il luogo in cui si raccontano matericità, stile, tecnologie e valori del gioiello contemporaneo. Questo libro mostra il lavoro di settantasei progettisti, tra maestri dell’arte orafa, giovani designer e artigiani internazionali che hanno trattato il tema della superficie attraverso le tecniche artigianali e digitali, le metamorfosi materiche, formali e cromatiche, il contatto visivo e tattile, la duplicità di significato e la relazione tra pelle, corpo e abito. Una ricerca di superficie, non superficiale.”

Livia Tenuta